Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post da febbraio, 2016

Giorno del ricordo. La testimonianza dell’esule da Pola

«Dopo il dolore dell’esodo di 350 mila italiani dalle terre dalmate-giuliane per sfuggire all’oppressione dell’esercito jugoslavo, e quello del silenzio per convenienza politica durato cinquant’anni su quelle sofferenze, la verità sta riemergendo con un sentimento di ricerca storica non più condizionato dalle ideologie»: questa la riflessione fatta dal vicesindaco Mattia Veronese durante la cerimonia di commemorazione del Giorno del ricordo sotto i Portici di piazza IV novembre a Noventa. Dopo la messa in Duomo e l’onore sotto una pioggia battente alla lapide di via Vittime delle foibe sulle note della banda comunale “Philarmonic Fantasy Band” alla presenza del Comitato Civico, vari assessori e consiglieri comunali, autorità militari, associazioni combattentistiche d’arma e vari cittadini, Mattia Veronese ha ricordato il «percorso avviato oltre dieci anni fa dal Comune per far comprendere specie alle nuove generazioni il dramma delle foibe e dell’esodo dalle loro terre di tanti

L'edificante epopea dei partigiani costruita a tavolino

Le carte dell'istituto "Perretta" svelano in che modo le vicende delle Brigate Garibaldi nel Comasco siano state reinventate a colpi di documenti apocrifi. A rendersene conto gli stessi protagonisti di quelle vicende.   La storia bugiarda, ossia la ricostruzione artificiosa e mitopoietica del passato, è una sorta di specialità nazionale, almeno dal Risorgimento in poi. Ma esiste una forma di menzogna più sottile, sistemica e dannosa, che procede attraverso la fabbricazione di documenti falsi attraverso i quali elaborare una vulgata edificante per chi compie l'operazione.   Un caso da manuale è quello che abbiamo scoperto, compulsando le carte dell'Istituto di storia contemporanea Perretta di Como. Ossia, uno dei capisaldi della sacralizzazione delle vicende resistenziali, per il fatto che questo centro di memoria opera, da quasi quarant'anni, nell'area dove si compirono, in un sol colpo, tre eventi di gigantesca portata, nelle ultime giornate di apri

Pedescala. Si scrive una nuova pagina sull’eccidio e sui nomi degli autori del massacro

Farà certamente discutere il nuovo libro sull’eccidio di Pedescala ‘L’ultima valle. La Resistenza in val d’Astico e il massacro di Pedescala e Settecà’ (Nordest nuova serie) di Sonia Residori, dottoranda all’Università di Verona, che verrà presentato dalla stessa autrice ad Arsiero venerdì alle 20.30 nella sala conferenze del municipio in piazza F. Rossi. Si riapre un capitolo controverso della storia della Valdastico e con essa una ferita mai chiusa per chi ancora conserva qualche ricordo diretto del feroce massacro. La versione più attendibile della vicenda, in cui 82 civili furono trucidati dall’esercito tedesco dal 30 aprile al 2 maggio 1945, è quella in cui i partigiani locali, ad armistizio già firmato, ostacolarono i tedeschi in fuga provocando la loro rappresaglia, per poi nascondersi nei boschi. Una pagina oscura per la Resistenza italiana, marchiata a fuoco nel 1983 quando gli abitanti di Pedescala rifiutarono la medaglia d’argento al valore militare

Quelle donne inghiottite dalle foibe

Femminicidi e profughi: una terribile accoppiata che dovrebbe suscitare unanime pietà e mobilitazione da parte del vasto popolo dei sedicenti difensori dei diritti umani, pronti ad accogliere qualsiasi poveraccio che sbarchi sulle nostre coste (purché garantisca lauti guadagni alle cooperative che lo prenderanno in gestione) e a condannare senza pietà e senza appello qualsiasi maschio abbia osato maltrattare una femmina (della cui verità nessuno può dubitare). Peccato che la compassione e l'interesse verso donne e profughi svanisca immediatamente se gli uni e gli altri appartengono e una categoria non protetta, quella delle centinaia di migliaia di italiani e di italiane che alla fine della guerra, solo per il fatto di non essere slavi, sono stati massacrati, umiliati, violentati e costretti all'esilio dalle loro terre e dalle loro case, per essere accolti, in Italia, a sassi e sputi perché tacciati di fascismo. L'Unità del 30 novembre 1946 commentava così la tragedia