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Visualizzazione dei post da gennaio, 2022

Gino Simionato di Preganziol, il partigiano più sanguinario del trevigiano

  Nel Veneto la provincia più colpita dal furore resistenziale fu quella di Treviso con un migliaio di uccisioni. I maggiori responsabili si contavano in una decina ma uno fu il più sanguinario, il partigiano "Falco", Gino Simionato di Preganziol. Postosi a capo di una banda di assassini eliminò in gran numero fascisti, ex fascisti, prigionieri, ausiliarie, militari alleati dei quali tuttavia, secondo le carte processuali, solo 85 scoperti a suo nome. Nessun combattimento, ma solo esecuzioni. I suoi crimini ebbero inizio nell'aprile del '45, quando il rischio di dover affrontare nemici sfumava giorno dopo giorno. Con automezzi alleati lasciava il comando di Breda di Piave e raggiungeba le località a seminare morte con le sue squadre di esecutori, comandate dai famigerati "Ferro" Alfonso Benedetti, "Senna" Silvio Cadonà di San Biagio di Callalta, "Zebra" Carlo Bisetto di Breda di Piave, "Nasetto" Giovanni Tiozzo di Me

Quando il Pci ricattò il Colle: grazia all'ergastolano Moranino.

  Moranino era fuggito a Praga e rientrò in Italia dopo l'atto di clemenza di Saragat. La storia non si ripete, però ci sorprende e ci spiazza. La storia, se si rileggono certi passaggi, può scombussolare le fondamenta dei ragionamenti che si ripetono in questi giorni surriscaldati di mezza estate. Si dice che la grazia non può essere un quarto grado di giudizio e che il condannato non può riceverla se non ha cominciato ad espiare la pena. Si ammucchiano tanti concetti, tutti politically correct, poi t'imbatti nella vicenda tragica e drammatica di Francesco Moranino, il comandante «Gemisto», comunista doc, partigiano, deputato e tante altre cose ancora e sei costretto a rivedere quei giudizi affrettati. Il caso Moranino è per certi aspetti ancora aperto come tante pagine controverse del nostro passato, ma alcuni elementi sono chiari. Il primo: nel 1955 il Parlamento concesse l'autorizzazione a procedere, la prima nel Dopoguerra, e Moranino fu condannato all'ergastolo pe

1965. Il Presidente della Repubblica GIUSEPPE SARAGAT concede la grazia a FRANCESCO MORANINO

  FRANCESCO MORANINO detto “Gemisto” era un comandante partigiano comunista, a capo del 6° distaccamento Pisacane della Brigata Garibaldi-Biella, anch’essa comunista. Moranino, fautore della creazione di una repubblica sovietica sul suolo italiano, al momento della liberazione, si specializzò nell’uccisione di fascisti, o presunti tali, e di partigiani “autonomi”, che potevano contrastare la sua guerra ideologica. L’evento drammaticamente più significativo fu l’eccidio della cosiddetta “Missione Strassera” avvenuto il 26 novembre 1944 in località Portula. Emanuele Strassera era stato incaricato dagli anglo-americani di coordinare la lotta partigiana e di controllare l’attività delle formazioni comuniste. Strassera si rese conto dei piani di Moranino, che andavano ben oltre la Liberazione dai nazisti, e insieme ad altri quattro amici arruolati si dedicò quindi a stilare un rapporto sulla situazione, da consegnare agli agenti alleati operanti in Svizzera. Moranino organizzò un’imboscata

FRANCESCO MORANINO l'onorevole ergastolano assassino pluri-omicida.

  Francesco Moranino è’ stato un partigiano comunista assassino, a capo delle formazioni garibaldine comuniste nel biellese nel periodo della cosiddetta “resistenza”, nonché un politico italiano. Il PCI lo inviò a comandare il distaccamento “Pisacane” delle Brigate Garibaldi, dove assunse lo pseudonimo di “Gemisto”. Comandò anche la 50° Brigata Garibaldi e la XIIa Divisione Pietro Pajetta, entrambe comuniste. Il 26 novembre del 1944, a Portula, in val Sessera, nei boschi dell’alto biellese, l’esponente comunista e capo partigiano si macchiò di una strage efferata ed infame, organizzando una imboscata insieme ai suoi “garibaldini” e massacrando 7 persone. Si trattò di due genovesi, agenti dei servizi segreti americani in missione, e tre partigiani vercellesi che li accompagnavano. Gli esecutori materiali del brutale eccidio furono i partigiani comunisti assassini "Negher" e "Ilvo", che dopo aver sparato le raffiche di mitra contro le loro vittime, si affannarono a sp

Nel 1978 SANDRO PERTINI concede la grazia a MARIO TOFFANIN detto “GIACCA”

  Il Presidente della Repubblica, SANDRO PERTINI, concesse la grazia a MARIO TOFFANIN detto “GIACCA”, un criminale partigiano comunista, capo di una brigata dei GAP, condannato all’ergastolo nel 1954 dalla Corte di Assise di Lucca. A questa pena furono aggiunti altri trent’anni di reclusione per sequestro di persona, rapina aggravata, estorsione e concorso in omicidio aggravato e continuato. “Botteghe oscure” riuscì a far espatriare Toffanin in Jugoslavia. Mario Toffanin Il criminale partigiano comunista era già da tempo in simbiosi con i comunisti slavi, avendo collaborato con il IX Corpus titino, responsabile degli eccidi delle Foibe e della strage di Porzus in cui furono trucidati 17 partigiani cattolici. Il condono della pena non indusse comunque Toffanin a tornare in Italia. Questo macellaio, correo della tragedia delle “foibe”, finì infatti i suoi giorni in Slovenia, percependo anche una pensione italiana di 672.00 Lire fino alla sua morte, avvenuta nel gennaio 1999. Evidentement

“COMPAGNI, STANOTTE SI SCOPA!”. Il martirio di Giovanna Innocenti e Piera Assunta Ivaldi.

  Il 6 aprile del ’45 nella frazione di Piancastagna del comune di Ponzone, a cavallo tra le province di Alessandria e Savona, un gruppo di partigiani comunisti al comando di Giovanni Battista Vanni irruppe nelle abitazioni delle famiglie Innocenti e Ivaldi alla ricerca di due donne da punire: la trentunenne Giovanna Innocenti, madre di tre figli e Piera Assunta Ivaldi, nubile di 29 anni (FOTO). Accusate di essere spie furono rasate. Il gruppo di partigiani se ne ripartì per tornare la sera stessa poiché il comandante Vanni aveva finito col promettere ai suoi ventisette partigiani una notte di sesso. Così le due donne furono prelevate e trascinate al comando partigiano, una fatiscente baracca nella frazione di Palo che si ergeva lontano dai sentieri sterrati e luogo di frequenti esecuzioni sommarie. Per una questione di gerarchia esse furono prima violentate dal comandante Vanni e dal commissario politico Augusto Cavallero. La notte di sesso promessa si concluse all’alba del 7 con la

MAROCCHINATE - L’ALTRA FACCIA DELLA LIBERAZIONE (SIMONE CRISTICCHI, ARIELE VINCENTI).

  Opera teatrale, questa, scritta a quattro mani, dove gli autori ricordano - tramite Angelino, pastore ciociaro che dialoga con Enzo, giornalista di Epoca che, alla fine, si scoprirà essere Enzo Biagi - “l’altra faccia della liberazione”, cioè quello che accadde, nel 1944, in alcuni paesi della Ciociaria “schiacciati in mezzo a due fuochi, da una parte il muro dei tedeschi, dall’altra, gli americani che avanzavano”, dopo che gli Alleati riuscirono a penetrare la linea Gustav - duecentotrenta chilometri di trincee e bunker costruite in mezzo alle montagne con migliaia di soldati tedeschi nascosti in mezzo alle rocce - grazie all’impiego di uno strano esercito composto da soldati provenienti dalla aspre montagne del Nord Africa. “Li chiamavano i Marocchini. E la cosa peggiore che si diceva era che prendevano tutto quello che trovavano, soprattutto le donne e le violentavano senza pietà.” Furono loro, i Marocchini o, meglio, i Goumiers, come venivano denominati in francese, a stanare i t

ECCIDIO DI THIENE: CONDANNATI E LIBERATI I PARTIGIANI ROMAGNOLI.

  Nel marzo del 1958 si conclude, in Corte d'Assise di Vicenza, il processo per l'eccidio di Thiene: quattro condanne a 20 anni di reclusione con pena interamente condonata. I partigiani romagnoli sono colpevoli di aver passato per le armi 25 militari che si erano arresi alla fine della guerra e rinchiusi nelle carceri cittadine. Mitragliati, senza processo, tra il 17 e il 19 maggio 1945 e spogliati, dopo morti, anche del vestiario e delle scarpe. 14 prigionieri furono ammazzati a Tezze di Covolo, nel comune di Lusiana e altri 11 sul Monte Cimone in comune di Arsiero. Molti di loro erano giovanissimi, dei ragazzi.

LA STRAGE DEL CARCERE DI CARPI E LA MEDAGLIA ALL'ASSASSINO.

  Umberto Bisi, con il nome di battaglia "Omar", fu il principale responsabile dell’eccidio del carcere di Carpi, commesso nella notte fra il 14 e 15 giugno 1945 con 10 suoi partigiani durante il quale furono assassinati 14 detenuti politici, ivi detenuti. Fortunosamente riuscirono a scampare alla strage 2 detenuti, Gerardo Vinzani ed Enzo Cavazza, che nel processo intentato contro il Bisi nel 1951 a Lucca, lo riconobbero e confermarono che fu presente alla strage con ruoli organizzativi ed esecutivi. Condannato a 24 anni, la sentenza è stata confermata in appello a Firenze e passata in giudicato nel 1952. A seguito di questa condanna gli verrà revocata, per indegnità, la medaglia d'argento al valor militare che, successivamente gli verrà riconferita (d'oro) dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini nel 1991. Articolo da Il Corriere d'Informazione 22 aprile 1949

SANDRO PERTINI, nel 1978 concede la GRAZIA a GIULIO PAGGIO

  Paggio era a capo della formazione paramilitare comunista “Volante Rossa”, nata a Milano nel 1945, e come tale si rese responsabile di una lunga lista di omicidi, in Lombardia, in Piemonte, in Emilia, nel famigerato “triangolo della morte”, e nel Lazio. Si macchiò dell'assassinio delle seguenti vittime : Rosa Bianchi Sciaccaluga , e la figlia Liliana. Furono uccise il 31 agosto 1945 a Milano, per il fatto di essere rispettivamente moglie e figlia di Stefano Bianchi Sciaccaluga, ufficiale della Decima Mas (fucilato dai partigiani il 26 aprile 1946) ; Orlando Assirelli, commerciante, fu ucciso a Sesto San Giovanni (MI) il 27 gennaio 1946 ; Franco De Agazio, direttore del periodico “il Meridiano d’Italia”, fu ucciso a Milano il 14 marzo 1947, perché responsabile di aver iniziato a pubblicare una serie di articoli che indagavano sull’”Oro di Dongo” (il tesoro di Mussolini trafugato dai partigiani), mettendo in dubbio la versione ufficiale ; Enrico Meneghini, fu ucciso il 6 febbraio 1