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Visualizzazione dei post da settembre, 2021

L'eccidio di Schio. Luglio 1945: una strage inutile.

  La notte tra il 6 e il 7 luglio 1945 oltre cinquanta civili, uomini e donne, furono massacrati a Schio. La guerra era finita da due mesi, si ricominciava a vivere e a lavorare nella cittadina veneta, per tradizione pacifica e intraprendente. L'avvio della ripresa era stato rapido anche perché i tedeschi erano stati persuasi a non distruggere le fabbriche prima di ritirarsi. Che cosa indusse quella notte un gruppo di giovani ex partigiani a lasciare la pista da ballo, la gelateria, la passeggiata con la ragazza o la fiera nella piassa de' mas'ci a mascherarsi e a imbracciare di nuovo il mitra? Questo libro è un documento prezioso per comprendere e denunciare le ragioni dell'eccidio, che ha scatenato una dura polemica tra parenti delle vittime e presunti testimoni.

La strage di Oderzo e gli eccidi partigiani nel Basso Trevigiano 1944-45.

  «Qualcuno non era ancora spirato e dibattendosi nell'acqua invocava “Mamma, mamma”, ed il feroce Bozambo sparava a lui nella nuca dicendogli: “Questa è tua mamma” » Dal «Diario» di don Giacobbe Nespolo (sacerdote a Oderzo) Il 28 aprile 1945, a guerra conclusa, nella canonica di Oderzo (TV) e alla presenza di monsignor Domenico Visentin, si addivenne alla firma di un accordo tra il Sindaco della Città Plinio Fabrizio, il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) rappresentato da Sergio Martin e i responsabili militari della RSI della zona, col. Giovanni Baccarani, com.te della Scuola Allievi Ufficiali di Oderzo e magg. Amerigo Ansaloni, com.te del Btg. “Romagna”. Il patto prevedeva la consegna delle armi da parte dei 600 militari della RSI (Allievi Ufficiali, Btg. “Romagna” e Btg. “Bologna”) di stanza in città o nelle vicinanze, il loro concentramento all’interno del Collegio Brandolini di Oderzo e il rilascio agli stessi di un lasciapassare per raggiungere le proprie famiglie. Una

Chiedi al torrente. Le stragi partigiane in un quartiere della «Grande Genova», Val Polcevera, 1943-1945

  I caduti per mano partigiana, tra militari e civili, in tutta la provincia di Genova ammontano a circa 1.900. A Bolzaneto, dal censimento conclusivo rilevato con la scoperta delle ultime fosse comuni ad inizio anni '50, il numero è di circa 180 persone, delle quali più della metà non identificate. Tra gli identificati, oltre la metà sono vittime civili, di cui nove di sesso femminile, le cui date di arresto, scomparsa e decesso risalgono al maggio del 1945. Il principale luogo di detenzione e di processi sommari per i prigionieri in questa zona, regno incontrastato della Brigata Volante "Balilla" e del suo capo indiscusso Angelo Scala "Battista", fu l'ex deposito di legnami Scorza sulla strada che a Bolzaneto sale verso il paese di Geminiano, che costeggia l'omonimo torrente. Perché tanti morti in una delegazione di sole 10.000 persone? Ci fu una regia a pianificare e avallare le esecuzioni? Perché le esecuzioni continuarono anche a guerr

Il presidente di AVL Vicenza contro la piazza intitolata a Norma Cossetto

    "Binotto probabilmente non ha conoscenza della vicenda legata alla figura di Norma Cossetto, medaglia d'oro concessa il 9 dicembre 2005 alla memoria dal presidente Ciampi, con questa motivazione: "Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio. 5 ottobre 1943 - Villa Surani (Istria)". Mi meraviglio che un presidente di una valorosa associazione resistenziale non si documenti sufficientemente prima di fare questo genere di affermazione, per rispetto alla memoria della giovane patriota martire, sia rispetto alle scelte della città di Vicenza che ha voluto onorarla e così rammentare a tutti un estremo sacrificio per additarlo ai posteri come messaggio di pace e libertà. Non mi soffermo nella descrizione di quello che fecero i barbari a Norma Cossetto, ma per chiunque abbia interesse a

28 aprile 1945. La strage di Rovetta. I 43 ragazzi trucidati dai partigiani

  Con Strage di Rovetta si fa riferimento all’esecuzione sommaria, avvenuta nella notte tra il 27 e il 28 aprile 1945 a Rovetta, di quarantatré giovani militi fascisti appartenenti alla 1ª Divisione d’Assalto “M” “Tagliamento”, inquadrata nell’ambito della Guardia nazionale repubblicana della Repubblica sociale italiana. La resa Dalla fine del mese di ottobre del 1943, la 1ª Divisione d’Assalto “M” Tagliamento venne trasferita nel bresciano, in particolare in Val Camonica, con il compito di difesa delle linee di comunicazione della Wehrmacht e di presidio dei cantieri dell’Organizzazione Todt, oltre a essere impiegata in operazioni dirette a contrastare le formazioni partigiane. Data la contiguità territoriale, la sua presenza si allargò anche alla bergamasca. [amazonjs asin=”8842550205″ locale=”IT” title=”I fantasmi del Cansiglio. Eccidi partigiani nel trevigiano 1944-1945″] Il 26 aprile 1945  un gruppo di suoi militi di presidio presso la località Cantoniera della Preso

STRAGE ROVETTA, DA ARCHIVI INGLESI EMERGE VERITA' ECCIDIO MILITI DI SALO'

FURONO PARTIGIANI DI UNA BRIGATA DI 'GIUSTIZIA E LIBERTA'' A UCCIDERE 43 GIOVANI Dopo decenni di ambiguita', viene alla luce la verità su uno dei più sanguinosi eccidi commessi dai partigiani sul finire della Seconda guerra mondiale: la strage di Rovetta, nel bergamasco, nella quale morirono 43 militari della Repubblica di Salò, appartenenti alla legione Tagliamento. La verità emerge da documenti inediti conservati nell’archivio del Soe britannico, a Londra, che ora la studiosa italiana Grazia Spada pubblica nel libro “Il Moicano e i fatti di Rovetta” edito da Medusa. Fu una delle pagine nere della lotta partigiana e venne scritta il 28 aprile 1945 (il giorno stesso della fucilazione di Benito Mussolini), quando ormai le sorti della guerra erano segnate. I militi della Tagliamento, per lo più giovanissimi, dopo essersi arresi ai patrioti del paese con la promessa di aver salva la vita, vennero uccisi davanti al muro del cimitero a sventagliate di mitra dai partigiani de

Settembre 1945: sentenza del processo per l'eccidio di Schio (VI).

Proprio in questi giorni, nel settembre del 1945, si concludeva il processo contro i responsabili diretti dell'eccidio di Schio (VI). I mandanti erano già fuggiti all'estero presso regimi totalitari comunisti, dove svolsero attività di sostegno e propaganda.  Tra i condannati a morte troviamo Valentino Bortoloso "Teppa", che non è stato giustiziato, come vediamo dalla foto che lo ritrae a Posina (VI) solo un mese fa. Dopo un periodo passato nelle prigioni italiane ha potuto godere della piena libertà. (Articolo dal Corriere della Sera del 14 settembre 1945)