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Visualizzazione dei post da ottobre, 2021

LA STRAGE PARTIGIANA DELL'OSPEDALE PSICHIATRICO DI VERCELLI.

Il 12 maggio, un gruppo di partigiani della 182ª Brigata Garibaldi "Pietro Camana" partì alla volta di Novara con un autobus ed un autocarro, fornito di un elenco di 170 nomi di prigionieri fascisti da prelevare. Giunti sul posto, chiamarono tramite appello i fascisti dell'elenco: ne individuarono in tutto 75, li caricarono sugli automezzi e li portarono a Vercelli, rinchiudendoli all'interno del locale ospedale psichiatrico dopo aver costretto il personale ospedaliero ad uscire. Lì vennero percossi violentemente e divisi in gruppi. Fra il pomeriggio del 12 e le prime ore del 13 maggio, la maggioranza dei prigionieri venne eliminata, secondo le seguenti modalità: Undici vennero trasportati nella vicina frazione di Larizzate, fucilati e sommariamente seppelliti in una trincea di difesa antiaerea. Secondo la ricostruzione della procura di Torino, poco più di dieci prigionieri furono legati col fil di ferro, stesi a terra nel piazzale dell'ospedale e schiacciati sott

LA STRAGE PARTIGIANA DI CASTIGLIONE DI COSTA D'ONEGLIA.

  Era la sera inoltrata del 4 maggio del ’45. Una nutrita squadra di comunisti dichiaratisi polizia partigiana riuscì a entrare nelle carceri di Imperia e a prelevare ventisei detenuti politici, che legarono ai polsi col filo di ferro alla stregua degli slavi quando infoibavano gli italiani. Stretti gli uni agli altri su due autocarri raggiunsero Castiglione di Costa d’Oneglia ove, lungo una trincea, i ventisei, alla luce dei fari, furono allineati e colpiti a raffiche di mitra. Dal mucchio di cadaveri si rialzò un ferito che col favore della notte riuscì a raggiungere la vicina Diano Castello. Si chiamava Francesco Agnelli, operaio della Sepral di Sesti Ponente e aveva 45 anni. Raccontò a tutti l’eccidio poi, ricercato a morte, si rifugiò a Diano Marina ove fu stanato due giorni dopo e fucilato. Dell’eccidio si parlò a lungo ma dei responsabili non si fece mai parola. L’omertà gravava sul partito comunista che ne aveva ordinato l’esecuzione. Il “neo questore” di Imperia, l’ex capo gap

ELISA STELLA. VITTIMA NELL’ECCIDIO DI SCHIO PER MOROSITA’

  ELISA STELLA. VITTIMA NELL’ECCIDIO DI SCHIO PER MOROSITA’ Ci furono 15 femmine tra le 53 vittime dell’eccidio di Schio (Vicenza) del luglio 1945. Fra i giustiziati anche una casalinga di 61 anni, Elisa Stella, vittima di una vicenda assurda – narra Pansa che fa riferimento anche al libro “L’eccidio di Schio. Luglio 1945: una strage inutile” – Aveva affittato un alloggio a un tizio che, dopo un po’, si era rifiutato di pagarle l’affitto. Alle proteste della padrona di casa l’inquilino moroso, nel frattempo diventato partigiano, pensò bene di denunciarla come pericolosa fascista. La donna fu arrestata, rinchiusa nel carcere di via Baratto e qui finì nel mucchio dei trucidati il 6 luglio».

L'ECCIDIO DI CODEVIGO E I VALORI DELLA RESISTENZA

  L'ECCIDIO DI CODEVIGO E I VALORI DELLA RESISTENZA Tra il 30 Aprile ed il 15 Maggio 1945 oltre trecento persone vennero uccise negli argini e nelle campagne intorno a Codevigo (Pd) da parte dei partigiani comunisti della 28' Brigata Garibaldi "Mario Gordini", comandata da Arrigo Boldrini, ma anche dai badogliani della Divisione Cremona. Negli anni '60 alcuni parenti delle possibili vittime iniziarono la ricerca dei corpi, in genere abbandonati alle acque o sepolti in fosse comuni, nei cimiteri o nei campi. Furono trovati 114 corpi, ma non fu possibile l'identificazione per tutti. Molti scomparsi non furono ritrovati. 77 salme furono recuperate nel cimitero di Codevigo. 17 salme furono recuperate nel cimitero di S.Margherita. 12 salme furono recuperate nel cimitero di Brenta d'Addà, ora ospitate nell' Ossario del Cimitero di Codevigo, inaugurato il 27 Marzo 1962. In una tabella dell'Ossario ci sono 98 nomi ed i resti di 114 uccisi, di molti non si

"FEMMINICIDI" PARTIGIANI: Il caso ternano-reatino.

  "FEMMINICIDI" PARTIGIANI: Il caso ternano-reatino. Tra il Marzo e il Giugno 1944, lungo il confine tra le provincie di Terni e di Rieti si verificarono episodi di violenza inenarrabile, dettati da odio politico, che colpiranno persone innocenti cui nulla poteva essere addebitato. Tra le numerose vittime di questo “odio inestinguibile” come lo ha definito Marcello Marcellini in suo pregevole studio, particolare impressione hanno destato in noi gli assassini di cinque donne. Azione partigiane da sempre occultate o presentate sotto un “filtro” che conduceva molto lontano dalla realtà dei fatti. Un “filtro” politico, giustificazionista ovviamente, che esulando dal fatto principale che le donne uccise nulla avevano fatto per meritare tale violenza, finiva per infangare la stessa memoria delle vittime, ridotte a “spie” senza dignità umana o semplici prostitute al soldo dell’invasore. Con questo breve focus analizzeremo questi cinque episodi raccapriccianti, che rappresentano un u