Goli Otok la prigione naturale perfetta di Josip Broz Tito All’alba, Goli Otok è pallida. Grigia. Un’isola anonima contro cui s’infrangono le onde oleose del Quarnaro. Guardandola dalla terra ferma non si vede alcun tipo di vegetazione; non si scorgono né alberi né arbusti. Dall’acqua emerge solo una distesa di roccia livida e sterile. D’estate il sole secca ogni cosa, d’inverno il vento ghiaccia ciò che rimane. Nell’eterno rincorrersi tra vita e morte è sempre quest’ultima a vincere a Goli Otok. Guardandola, gli uomini hanno cominciato a chiamarla in molti modi: qualcuno l’ha definita “calva”, qualcun altro “nuda”. Ma l’aggettivo più adatto, forse, è “segreta”. Il dorso dell’isola, una scogliera alta oltre duecento metri, non permette di vedere nulla di ciò che accade lì. È come un mantello che tutto nasconde e porta via. Goli Otok è una prigione naturale perfetta, tanto che Josip Broz Tito la scelse come luogo dove isolare coloro che, dopo lo strappo tra Jugoslavia e Unione sovieti