Passa ai contenuti principali

L'Anpi nega la targa alla bimba stuprata: "Era fascista"


Questa di Giuseppina è la storia vera di una bambina di 13 anni giustiziata perché «fascista». Fu stuprata e poi ammazzata, da una banda di partigiani che dopo il 25 aprile del 1945 chiedevano giustizia, ma volevano vendetta.
Anche questa è una storia vera. A Savona, ponente ligure, molti sapevano cosa accadde dopo la Liberazione. Nel 2003 anche questa vicenda è stata ricostruita da Giampaolo Pansa, nel Sangue dei vinti. Raccontano i testimoni: «I rapitori di Giuseppina decisero che lei aveva fatto la spia per i fascisti o per i tedeschi. Le tagliarono i capelli a zero. Le cosparsero la testa di vernice rossa. La condussero al campo di raccolta dei fascisti a Legino, sempre nel comune di Savona. Qui la pestarono e violentarono. Una parente che era riuscita a rintracciarla a Legino la trovò ridotta allo stremo. La ragazzina piangeva. Implorava: Aiutatemi! mi vogliono uccidere. Non ci fu il tempo di salvarla perché venne presto freddata con una raffica di mitra, vicino al cimitero di Zinola. Chi ne vide il cadavere, lo trovò in condizioni pietose».
Giuseppina Ghersi è sepolta da 72 anni nel cimitero di Zinola. Ora, per la prima volta, un Comune vuole intitolare una targa per ricordare lei e la sua drammatica storia. Non è il Comune di Savona, teatro di quell'orrore, ma un borgo vicino, appoggiato sul mare, Noli. Dove Enrico Pollero, consigliere comunale di centrodestra, ha lanciato la proposta: «Mio papà era partigiano, per 18 mesi ha combattuto in montagna. Ma dopo aver letto la storia di Giuseppina Ghersi ho pensato che fosse obbligatorio fare qualcosa per ricordare una bambina di 13 anni uccisa senza motivo».
Giuseppe Niccoli, sindaco di Noli, ha appoggiato la proposta: «La guerra porta sempre dolore, ma i bambini non hanno colpe né colore».
Il monumento dovrebbe essere inaugurato il 30 settembre: un cippo di marmo e ferro, una targa con su scritto: «Anni sono passati ma non ti abbiamo dimenticata, sfortunata bambina oggetto di ignobile viltà». Un testo semplice, nessun riferimento polemico. Il primo a raccontare l'ultimo episodio di questa storia è stato Mario De Fazio, un bravo giornalista che lavora alla redazione savonese de Il Secolo XIX. Per alcuni, in città, il trentenne cronista è «solo un fascista», accusa che sui social gli viene rivolta ogni volta che scova e scrive una storia scomoda. Questa l'ha scritta tre giorni fa, nelle stesse ore arrivava il primo via libera alla Camera per la legge Fiano, che inasprisce le pene per l'apologia di fascismo. «È una provocazione, ecco perché tirano fuori ora questa vicenda, abbiamo pietà e lascino in pace i morti», grida una parte della sinistra ligure. E aggiungono subito un altro dettaglio, che definiscono «un'ulteriore provocazione». Il monumento a Giuseppina sorgerà in una piazza di Noli intitolata ai fratelli Rosselli, fondatori di Giustizia e Libertà, simboli della lotta al fascismo e uccisi da sicari dell'estrema destra francese, pagati da Mussolini.
Così l'Anpi provinciale di Savona scrive un comunicato e «ribadisce la propria contrarietà al progetto dell'amministrazione comunale di Noli di erigere un cippo in memoria della brigatista nera Giuseppina Ghersi». Brigatista nera, a 13 anni, senza aver mai indossato una divisa, con due genitori mai iscritti al Pnf. Risponde ancora l'associazione partigiani: «La pietà per una giovane vita violata e stroncata non allontana la sua responsabilità di schierarsi e operare con accanimento a fianco degli aguzzini fascisti e nazisti».
Aveva 13 anni, per quelle accuse non ci fu nessun processo: venne violentata e ammazzata. Storia ignobile, che fa male, che spacca la sinistra con un ex sindacalista della Cgil, Bruno Spagnoletti, che attacca l'Anpi. Prova a riposare in pace, Giuseppina.
Giampiero Timossi (Il Giornale)

Commenti

Post popolari in questo blog

30 aprile 1945. Eccidio di Pedescala (VI). “Spararono poi sparirono sui monti"

“Spararono poi sparirono sui monti, dopo averci aizzato contro la rabbia dei tedeschi, ci lasciarono inermi a subire le conseguenze della loro sconsiderata azione.  Per tre giorni non si mossero, guardando le case e le persone bruciare. Con quale coraggio oggi proclamano di aver difeso i nostri cari”  (Il Giornale, 29 aprile 1983) Negli ultimi giorni di aprile 1945 era ormai chiaro che la guetra era finita. Reparti tedeschi abbandonavano le loro posizioni verso il fronte e cercavano di rientrare in patria, per finire a casa la guerra. La valle del torrente Astico, la Val d'Astico, costituiva una strettoia su cui si dovevano incanalare molti reparti provenienti dalla pianura e diretti al Brennero. A partire dal 25 aprile le notizie sulle sollevazioni, sulla caduta di Milano, sulla morte del Duce, accelerarono questo movimento, che verso il 26 aprile era ormai un fiume in movimento, sempre più rapido. Reparti disparati si susseguivano lungo la Val d'Astico, mirando a us

21 gennaio 1945. Ines Gozzi e il padre trucidati dai partigiani della brigata “Garibaldi”

Ines Gozzi, una bella ventiquattrenne di Castelnuovo Rangone (MO), è una studentessa universitaria, laureanda in lettere. Conoscendo la lingua tedesca è diventata l’nterprete del locale Comando Germanico. Ciò ha significato la salvezza del paese quando i partigiani hanno ucciso due soldati tedeschi nella zona e questi volevano distruggere l’abitato. E’ stata proprio Ines Gozzi a interporsi e a battersi perchè la rappresaglia fosse evitata. Così, da quel giorno, tutti gli abitanti di Castelnuovo Rangone lo sanno e gliene sono grati. Ma tutti sanno anche che la ragazza è fidanzata con un ufficiale della Guardia Nazionale Repubblicana e questa è una colpa imperdonabile agli occhi dei “ partigiani assassini -salvatori della patria- ed eroi coraggiosi pluridecorati “! La notte del 21 gennaio 1945 una squadra di partigiani della brigata “ Garibaldi ” fa irruzione in casa Gozzi prelevando Ines e suo padre. I due vengono portati in un casolare in aperta campagna e qui, davanti al geni

Partigiani assassini: il caso di Jaures Cavalieri, "stupratore seriale"

Dal libro di Gianfranco Stella "I grandi killer della liberazione - Saggio storico sulle atrocità partigiane" Condannato più volte per i suoi omicidi, l'Anpi quando morì ne fece invece addirittura un baluardo di libertà e di coraggio Accade, quando si è curiosi, di imbattersi in volumi che ti lasciano il segno. Sfogli quelle pagine e senti lo stomaco rivoltarsi, man mano che procedi nella lettura. Ogni pagina è un colpo sferrato in pieno petto, roba che fa male e che però fa anche riflettere. Fa riflettere sulla giustizia dell'uomo, che - lo sappiamo dai tempi di Antigone - è cosa diversa da quella suprema di Dio. Succede di indignarsi, di chiedersi perché l'uomo possa essere capace di certe bassezze, e di domandarsi se ci sarà mai una giustizia. Che poi non si pretende ormai più la giustizia dei tribunali, perché i reati cadono in prescrizione e anche perché ormai oggi molte di quelle persone che dovrebbero finire dietro le sbarre sono già morte per co