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Partigiani assassini: il caso di Jaures Cavalieri, "stupratore seriale"

Dal libro di Gianfranco Stella "I grandi killer della liberazione - Saggio storico sulle atrocità partigiane"
Condannato più volte per i suoi omicidi, l'Anpi quando morì ne fece invece addirittura un baluardo di libertà e di coraggio
Accade, quando si è curiosi, di imbattersi in volumi che ti lasciano il segno. Sfogli quelle pagine e senti lo stomaco rivoltarsi, man mano che procedi nella lettura. Ogni pagina è un colpo sferrato in pieno petto, roba che fa male e che però fa anche riflettere. Fa riflettere sulla giustizia dell'uomo, che - lo sappiamo dai tempi di Antigone - è cosa diversa da quella suprema di Dio. Succede di indignarsi, di chiedersi perché l'uomo possa essere capace di certe bassezze, e di domandarsi se ci sarà mai una giustizia. Che poi non si pretende ormai più la giustizia dei tribunali, perché i reati cadono in prescrizione e anche perché ormai oggi molte di quelle persone che dovrebbero finire dietro le sbarre sono già morte per conto loro, visto che di tempo dai crimini commessi ne è passato un bel po'. 
Ma in questo caso per "giustizia" si intende niente altro che "verità". Che invece tarda ad affermarsi universalmente, restando appannaggio di pochi. Quelli curiosi, quelli come noi, insomma, che non ci stanchiamo di scriverne su queste colonne. Le pagine che oggi proponiamo ai nostri lettori sono quelle in cui Gianfranco Stella racconta di Jaures Cavalieri, definito "stupratore seriale"; noto "per gli stupri seriali ai quali sottoponeva le sue vittime prima di sopprimerle", scrive Stella nel suo "I grandi killer della liberazione", già sottoposto all'attenzione dei nostri lettori. "Il Cavalieri - scrive l'autore - sconfinò in Jugoslavia da dove nel '48, dopo la crisi del Cominform, riuscì a fuggire, e a Vienna, pronto a valicare la frontiera con la Cecoslovacchia, fu arrestato dall'Interpol. Tradotto in Italia e condannato da più corti d'assise, rimase in carcere fino al 1957". Appunto, la "giustizia"... Cavalieri era nato nel 1923 e delle sue imprese compiute durante la resistenza - scrive ancora Stella - "si sono perse le testimonianze, ma di quelle del dopo liberazione ne sono piene le carte giudiziarie". Ed ecco il racconto delle atrocità commesse da costui: "A Medolla violentò ed uccise diverse donne: Rosalia Paltrinieri, di 32 anni; Jolanda Pignatti, di anni 39; Eva Greco di 19 anni. 
A Cavezzo violentò ed uccise Prima Stefanini in Cattabriga di anni 38, la figlia di lei Paolina, di 18 anni, Tina Morselli di 42". Non basta: "Uccise Angelo e Sante Greco, ed il partigiano comunista Alfio Calzolari, suo complice nell'assassinio Missere. Seviziò riducendolo in fin di vita Angiolino Cattabriga di 11 anni, deceduto poi a Mirandola. Emilio Missere era un giovane democristiano, membro del comitato di liberazione di Medolla. Accadde che nel pomeriggio del 13 giugno '45 Missere fu visto per l'ultima volta a bordo d'una 'Topolino' targata MO 8992, lungo la strada che da Medolla va a Modena, sulla quale c'erano i partigiani Jaures Cavalieri e Alfio Calzolari. Quest'ultimo era un partigiano comunista noto per i numerosi omicidi, rapine e stupri compiuti, tra i quali l'omicidio dell'ingegner Gino Falzoni di Finale Emilia, perpetrato il 17 giugno '45. Missere s'era messo in urto con gli altri componenti del Comitato di liberazione per gli abusi che taluni ex partigiani andavano commettendo e anche per una serie di omicidi di ex fascisti o presunti tali perpetrati in quei mesi del dopo liberazione, tra i quali quelli di Eva, Angelo e Santina Greco, Renato Neri e Pasquale Germi. S'era messo ad indagare, assicurando 'apertis verbis' che i responsabili non l'avrebbero fatta franca. 
Da qui la decisione della sua morte, della quale risultarono coinvolti il presidente del Comitato di liberazione di Medolla, l'ex partigiano comunista Ennio Bertoli, trentunenne nativo di Concordia, mandante assieme all'altro componente del Comitato Alfredo Barbieri, ed esecutori Jaures Cavalieri, Alfio Calzolari e Marino Malvezzi. Bertoli, Malvezzi e Barbieri furono arrestati tra il '46 ed il '47, il Cavalieri nel '49 e il Calzolari dichiarato latitante, era deceduto, ucciso dai suoi compagni. Al processo furono confermati i capi d'accusa, grazie anche alla testimonianza dell'ex partigiano Canzio Costantini che dichiarò d'aver trovato rifugio, dopo la fuga dal carcere, presso l'abitazione del Cavalieri dal quale apprese che Missere era stato ucciso sulle rive del Secchia con un colpo di pistola alla testa e che successivamente, attirato dallo stesso Cavalieri, per timore che potesse cedere durante gli interrogatori dei carabinieri era stato soppresso il killer Alfio Calzolari. Per l'omicidio Missere il Cavalieri fu condannato a trent'anni e a ventiquattro per quello della Morselli [...] che risultò portato a compimento assieme al partigiano comunista Egidio Sighinolfi, 'Fulmine'.
Jaures Cavalieri, detenuto nell'ergastolo di Fossombrone, negli anni '60 fu liberato per effetto di amnistie e condoni poiché i suoi crimini furono ritenuti commessi 'in lotta contro il fascismo ed il tedesco invasore'. L'Anpi lo protesse, come protesse tutti gli altri killer della liberazione, ad eccezione di pochi ex partigiani che per le loro estreme atrocità furono abbandonati in quanto ritenuti indifendibili. I crimini di Jaures Cavalieri non furono ritenuti estremamente atroci. Morì in odore di santità ideologica nel 1998 e la sezione Anpi di San Faustino Modenese nella quale da ultimo fu attivista ne tesse le lodi con queste parole: 'indomito combattente della libertà, dopo la liberazione è stato vittima delle persecuzioni antipartigiane, senza mai attenuare il proprio impegno in difesa dei valori della Resistenza e dell'antifascismo' [Resistenza Oggi, n. 2, 1998]". Le conclusioni, e le debite riflessioni, sono lasciate al sempre attento lettore. 
Emma Moriconi

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