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Visualizzazione dei post da 2017

L'Anpi nega la targa alla bimba stuprata: "Era fascista"

Questa di Giuseppina è la storia vera di una bambina di 13 anni giustiziata perché «fascista». Fu stuprata e poi ammazzata, da una banda di partigiani che dopo il 25 aprile del 1945 chiedevano giustizia, ma volevano vendetta. Anche questa è una storia vera. A Savona, ponente ligure, molti sapevano cosa accadde dopo la Liberazione. Nel 2003 anche questa vicenda è stata ricostruita da Giampaolo Pansa, nel Sangue dei vinti. Raccontano i testimoni: «I rapitori di Giuseppina decisero che lei aveva fatto la spia per i fascisti o per i tedeschi. Le tagliarono i capelli a zero. Le cosparsero la testa di vernice rossa. La condussero al campo di raccolta dei fascisti a Legino, sempre nel comune di Savona. Qui la pestarono e violentarono. Una parente che era riuscita a rintracciarla a Legino la trovò ridotta allo stremo. La ragazzina piangeva. Implorava: Aiutatemi! mi vogliono uccidere. Non ci fu il tempo di salvarla perché venne presto freddata con una raffica di mitra, vicino al cimitero

Partigiani assassini: il caso di Jaures Cavalieri, "stupratore seriale"

Dal libro di Gianfranco Stella "I grandi killer della liberazione - Saggio storico sulle atrocità partigiane" Condannato più volte per i suoi omicidi, l'Anpi quando morì ne fece invece addirittura un baluardo di libertà e di coraggio Accade, quando si è curiosi, di imbattersi in volumi che ti lasciano il segno. Sfogli quelle pagine e senti lo stomaco rivoltarsi, man mano che procedi nella lettura. Ogni pagina è un colpo sferrato in pieno petto, roba che fa male e che però fa anche riflettere. Fa riflettere sulla giustizia dell'uomo, che - lo sappiamo dai tempi di Antigone - è cosa diversa da quella suprema di Dio. Succede di indignarsi, di chiedersi perché l'uomo possa essere capace di certe bassezze, e di domandarsi se ci sarà mai una giustizia. Che poi non si pretende ormai più la giustizia dei tribunali, perché i reati cadono in prescrizione e anche perché ormai oggi molte di quelle persone che dovrebbero finire dietro le sbarre sono già morte per co

Anpi divisa sulla targa alla bambina stuprata: "Non aveva colpe"

Il ricordo della 13enne uccisa nel '45 spacca i partigiani: «Un'esecuzione ingiustificabile». La targa nella piazza di Noli (comune di 2.736 abitanti in provincia di Savona), in ricordo dell'uccisione di una ragazzina savonese di 13 anni, Giuseppina Ghersi, ad opera di una banda di partigiani nel 1945 (pochi giorni dopo la Liberazione) sta creando scompiglio sia a destra ma, soprattutto, a sinistra. E non pochi imbarazzi. In un periodo dove la cronaca nera è impazzita e ci racconta di stupri e di ragazze uccise a pietrate, fa strano ricordare un fatto di 72 anni fa, se non fosse così indicativo dell'ipocrisia che infesta la sinistra in questi nostri miserabili tempi. Mentre si discute della stupida e dannosa legge Fiano contro i simboli del fascismo, c'è chi legittimamente vorrebbe ricordare una bimba picchiata, stuprata e giustiziata davanti ai genitori dai presunti partigiani comunisti salvatori della Patria, e scatta l'ossessione micidiale dei buonis

"Lo stupro della bimba fascista? Orrore sulla coscienza dell'Anpi"

L'attacco all'Anpi di Liana Gigliozzi, figlia di Romolo, ucciso nelle Fosse Ardeatine per colpa della bomba partigiana a via Rasella.   La piccola Giuseppina Ghersi venne stuprata dai  partigiani . Sono passati tanti anni da quell'orrendo crimine del 30 aprile 1945, eppure ancora oggi l'Anpi vuole negare una targa in ricordo della piccola tredicenne di Noli accusata di collaborazionismo coi fascisti e barbaramente uccisa dai partigiani. Ma quello della Ghersi non è l'unico caso. Anche la signora Liana Gigliozzi, figlia di Romolo, ucciso nelle  Fosse Ardeatine , da tempo si batte contro la "arroganza comunista" che impedisce di vedere quel che realmente è accaduto il 24 marzo del 1944, quando una bomba in via Rasella diede il via al rastrellamento dei nazisti che portò alla morte del padre. In una intervista al Tempo, la signora Gigliozzi non usa mezzi termini contro i partigiani e indirettamente contro i loro eredi, ovvero i peones dell'

Giuseppina Ghersi. L’Orco partigiano e la bambina fascista

L’OCCHIO SULL’INFERNO Non è una favola. È una storia vera. Parla di Orchi trasformati in eroi e di una bambina trasformata in vittima sacrificale di bestie feroci.   “ L’ orrore era rimasto impresso sul suo viso, una maschera di sangue, con un occhio bluastro tumefatto e l’altro spalancato sull’inferno”.   Così racconta Stelvio Muraldo, l’uomo che notò il corpo della piccola  Giuseppina Ghersi  tra il cumulo di cadaveri abbandonati davanti al cimitero di Zinola poco fuori Savona, in quei giorni di Aprile del 1945; macabro regalo lasciato alla storia del nostro Paese da giustizieri partigiani, eroici campioni di atrocità impunite. “ Erano terribili le condizioni in cui l’ avevano ridotta (…) avevano infierito in maniera brutale su di lei,  senza riuscire a cancellare la sua giovane età ‘”.   Perché Giuseppina Ghersi aveva 13 anni quando il 25 Aprile fu prelevata insieme ai genitori, gestori di un banco di frutta e verdura al mercato di San Michele, e portata nel  campo di concen