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"Lo stupro della bimba fascista? Orrore sulla coscienza dell'Anpi"

L'attacco all'Anpi di Liana Gigliozzi, figlia di Romolo, ucciso nelle Fosse Ardeatine per colpa della bomba partigiana a via Rasella. 
La piccola Giuseppina Ghersi venne stuprata dai partigiani. Sono passati tanti anni da quell'orrendo crimine del 30 aprile 1945, eppure ancora oggi l'Anpi vuole negare una targa in ricordo della piccola tredicenne di Noli accusata di collaborazionismo coi fascisti e barbaramente uccisa dai partigiani.
Ma quello della Ghersi non è l'unico caso. Anche la signora Liana Gigliozzi, figlia di Romolo, ucciso nelle Fosse Ardeatine, da tempo si batte contro la "arroganza comunista" che impedisce di vedere quel che realmente è accaduto il 24 marzo del 1944, quando una bomba in via Rasella diede il via al rastrellamento dei nazisti che portò alla morte del padre. In una intervista al Tempo, la signora Gigliozzi non usa mezzi termini contro i partigiani e indirettamente contro i loro eredi, ovvero i peones dell'Anpi: "Quando vogliono far fuori il nemico usano questi mezzi - dice - La bomba di via Rasella ad esempio: un atto organizzato dai gappisti perché dovevano eliminare i loro oppositori, i loro nemici. Ma sapevano della rappresaglia, è stata voluta la rappresaglia. A guerra quasi finita sono morti 'soltanto' trentatré alto-atesini in quell’attaco: se fosse morto tutto lo squadrone sarebbe stata una tragedia di oltre mille persone, dovuta alla rappresaglia. Questo è il loro modo di combattere: prendono e uccidono".
La figlia di Romolo si dice indignata per la polemica instaurata dall'Anpi di Savona contro una targa in onore di Giuseppina. Gli eredi dei partigiani chiedono di "contestualizzare" e soprattutto sostengono che quello stupro debba essere valutato tenendo conto dello stato di guerra civile imperante nel Paese. La tredicenne aveva scritto un tema lodato dal regime. Per i partigiani era dunque una spia fascista (a 13 anni!) da stuprare e eliminare. "Maria Goretti è stata fatta santa perché è stata uccisa anche lei, massacrata, da bambina - dice Gigliozzi - Ma chi ci dice che non avesse anche lei delle idee "scomode"? Con la Ghersi hanno fatto un "processo", per così dire, su una bambina seviziata e violentata poi davanti al padre. Qualsiasi cosa avessefatto nonmerita il ricordo? Perché no? Sono stati dei pedofili. A guerra finita, si sono accaniti come un gruppo di mascalzoni su una bambina sola e indifesa". Una acccusa su tutta la linea: "L’Anpi dovrebbe solo tacere - dice - È un’onta che si porteranno per tutta la vita. Sia per le Fosse Ardeatine sua per la povera bambina il cui ricordo vogliono mettere a tacere. Facessero venire fuori tutta la verità: sarebbe un inizio. Ma ad oggi non li reputo degni di sbandierare una bandiera italiana".
A rendere ancor più doloroso il ricordo di quegli anni della Gigliozzi sono le bugie degli ideologi della liberazione su quanto successo in via Rasella. Per anni si è dibattuto sulla presenza di un bambino, Puetro Zucchetti, tra i morti provocati dall'ordigno piazzato dai partigiani. Per anni si cercò di minimizzare, negando la presenza del bimbo. Ma il padre della Gigliozzi era andato al Quirinale (da cui poi lo preleveranno per il rastrellamento) proprio per assicurarsi che quel bambino dilaniato non fosse qualcuno dei suoi figli. "Mi fa sempre molto male, guardi - continua la signora al Tempo - Io non ricordo un abbraccio di mio padre. Ancora adesso, alla mia età, soffro i disturbi dell’abbandono. Se lo hanno ucciso i tedeschi sono stati i partigiani a volere la rappresaglia: i comunisti sapevano che se ci fosse stata la bomba ci sarebbe stata la reazione. Questo era il loro modo di farsi avanti. Del resto basta guardare anche ai tempi oggi, la loro prepotenza...".
Un pensiero anche sulla recente legge Fiano: "Prendiamo l’ultima che ha fatto l’onorevole Fiano. È andato contro la stessa Costituzione: reprimere la gestualità, il pensiero. Non si può dire di pensarla diversamente? Ma stiamo scherzando? Dopo i tutti i morti che hanno sulla coscienza, si permettono di censurare la storia?".

Claudio Cartaldo (Il Giornale)

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