Il ricordo della 13enne uccisa
nel '45 spacca i partigiani: «Un'esecuzione ingiustificabile».
La targa nella piazza di Noli (comune di 2.736 abitanti in provincia di
Savona), in ricordo dell'uccisione di una ragazzina savonese di 13 anni,
Giuseppina Ghersi, ad opera di una banda di partigiani nel 1945 (pochi giorni
dopo la Liberazione) sta creando scompiglio sia a destra ma, soprattutto, a
sinistra.
E non pochi imbarazzi. In un periodo dove la cronaca nera è impazzita e ci
racconta di stupri e di ragazze uccise a pietrate, fa strano ricordare un fatto
di 72 anni fa, se non fosse così indicativo dell'ipocrisia che infesta la
sinistra in questi nostri miserabili tempi.
Mentre si discute della stupida e dannosa legge Fiano contro i simboli del
fascismo, c'è chi legittimamente vorrebbe ricordare una bimba picchiata,
stuprata e giustiziata davanti ai genitori dai presunti partigiani comunisti
salvatori della Patria, e scatta l'ossessione micidiale dei buonisti dell'Anpi
che da una parte si schierano contro chi vorrebbe onorare la memoria di
Giuseppina e dall'altra chi ritiene giusta la fine che ha fatto perché «era
solo una piccola fascista». Quello che accadde in quei giorni è stato sepolto
nella memoria savonese per anni fino a quando la storia è venuta fuori da una
ricostruzione contenuta nell'esposto di sei pagine che il padre di Giuseppina
consegnò alla Procura di Savona qualche anno dopo chiedendo un'indagine. La
bambina venne prelevata da tre partigiani, picchiata e seviziata, davanti alla
madre e al padre che scrisse come gli uomini la presero a calci «giocando a
pallone con lei» fino a ridurla in coma. La raparono a zero, le dipinsero la
testa di rosso, la sfigurarono di botte mentre ridevano. Poi la giustiziarono
con un colpo alla nuca, e il corpo venne gettato davanti al cimitero di Zinola.
Giuseppina era una studentessa e aveva vinto un concorso a tema, ricevendo una
lettera di encomio dal Duce in persona: fu proprio questo episodio, secondo i
partigiani, uno dei più gravi indizi contro di lei, accusata di essere una spia
delle Brigate Nere.
La decisione di ricordarla con una lapide (il 30 settembre) è stata presa
dal Comune di Noli, medaglia d'oro della Resistenza, su proposta di un
consigliere di centrodestra, Enrico Pollero, e accolta dal sindaco di
centrodestra e medico Giuseppe Niccoli. «Dopo aver letto la storia di
Giuseppina ho pensato che bisognava fare qualcosa per ricordare una bambina di
13 anni uccisa senza motivo. Per ricordare lei, non chi ha combattuto dalla
parte sbagliata», racconta il consigliere secondo cui «dall'altra parte non
c'erano solo criminali».
Ma l'Anpi di Savona si oppone alla cerimonia: «Giuseppina Ghersi al di là
dell'età era una fascista ha detto senza alcun rimorso il presidente
provinciale dell'Anpi, Samuele Rago Eravamo alla fine della guerra, è ovvio che
ci fossero condizioni che oggi ci appaiono incomprensibili. Era una ragazzina
ma rappresentava quella parte là». E Rago mentre diceva queste parole era
serio. Per fortuna qualche antifascista come lui, di alcune sezioni liguri con
un po' di sale nella zucca, sono andati contro Rago: «I bambini sono senza
colpe». Prende le distanze anche Bruno Spagnoletti, dirigente Cgil in pensione:
«Non riesco a capire come si possa giustificare l'esecuzione di una bambina di
13 anni».
Altri invece come «Fischia il vento» hanno il coraggio di appoggiare Rago,
annunciando che si presenteranno alla cerimonia con le foto dei giovanissimi
partigiani uccisi. Il capogruppo di Forza Italia in Regione Liguria, Angelo
Vaccarezza sarà presente («come uomo e come padre»), mentre la sindaca della
giunta di centrodestra di Savona, Ilaria Caprioglio, no: «Non si deve rischiare
di strumentalizzare un fatto accaduto settant'anni fa e dai contorni ancora oscuri».
Fabrizio Boschi (Il Giornale)
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