Il dirigente Ugo Gobbato non era per nulla fascista e tutti lo sapevano. Ma questo non bastò a salvarlo dai killer, che poi vennero amnistiati. L'ennesimo omicidio dimenticato. Una delle tante croci senza memoria nei giorni della Liberazione. I balli, i canti, le bandiere rosse delle formazioni partigiane. La scuola ci ha trasmesso tante immagini di quell'epopea, ma non ci ha raccontato tutto. Soprattutto le prove sul campo di lotta di classe, mischiate ad una giustizia sommaria. È la giustizia sommaria che toglie di mezzo l'ingegner Ugo Gobbato. Siamo a Milano, a due passi dalla vecchia Fiera. E siamo, sul calendario, al 28 aprile, lo stesso giorno in cui a Giulino di Mezzegra viene falciato il Duce. Ugo Gobbato però non è un fascista, è un tecnico di prim'ordine, il direttore generale dell'Alfa Romeo, vanto del Paese e, si direbbe oggi, del made in Italy. Niente da fare. Alle 9.30 del mattino un commando entra in azione in viale Duilio. Lui è a piedi e sta