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LA STRAGE DI CERNAIETO

 


Era il 23 aprile 1945, 21 militi della GNR del presidio di Montecchio (RE), dopo due giorni di battaglia, si fidarono delle parole del parroco di Montecchio,  Don Ennio Caraffi, anche lui ingannato,  portava loro il messaggio dei partigiani comunisti: “la resa a patto di aver salva la vita e la condizione di non subire maltrattamenti e percosse”.Verso le nove del mattino uscirono da “Cà Bedogni” (Montecchio) crivellata di colpi, all’interno dell’abitazione giacevano due ragazzi feriti (gli unici che si sarebbero salvati), due legionari morti, e nello scantinato il cadavere del partigiano Lodovico Landini. 
Il vicecomandante dei partigiani, nonostante la parola data nella trattativa di resa, ordinò che tutti i militi venissero fucilati seduta stante. L’ordine però non venne eseguito per l’intervento di un superiore ed i partigiani legarono i prigionieri tra di loro, con del filo di ferro e li avviarono a piedi verso la “prigione” partigiana di Vedriano di Trinità – Canossa, dalla quale non fecero più ritorno. Vi fu un “processo” farsa della polizia partigiana e i 21 soldati riconosciuti prigionieri di guerra, in spregio alla Convenzione di Ginevra vennero poi massacrati (unitamente a tre donne), anche se la guerra era terminata. Sono passati oltre settant’anni dalla tremenda fine dei prigionieri trucidati nel bosco di Cernaieto e mai nessuna Istituzione li ha voluti ricordare, non sappiamo se per paura di ritorsioni o per ipocrisia. Nelle due fosse comuni nel bosco di Cernaieto sono stati rinvenuti resti di minorenni, di un padre massacrato assieme al figlio, di tre donne: Viappiani Paolina di 22 anni, Spaggiari Maria di 29 anni e un’altra non identificata.
La storia di Paolina, ragazza madre, è particolarmente toccante in quanto fu sequestrata dai partigiani comunisti e ammazzata dopo un mese terribile trascorso nell’edificio della scuola elementare trasformato in luogo di detenzione e violenza: eppure il padre del suo figlioletto di due anni era un noto partigiano garibaldino. Altre salme non sono state identificate in quanto impossibile il loro riconoscimento. Fu una vera e propria strage: i cadaveri dei prigionieri vennero ammassati in fosse comuni come non si fa neppure con gli animali. Questo sterminio non è ricordato come atto di giustizia nelle rievocazioni storiche della Resistenza, a testimonianza della volontà  della sinistra e associazioni partigiane di occultare la parte scomoda della storia.
Questa commemorazione è anche un’occasione per fare doverosa  memoria del sacrificio di persone innocenti (sempre dimenticate dalle Istituzioni!) e per ribadire la condanna di ogni forma di violenza.
Relativamente al partigiano Lodovico Landini, secondo la ricostruzione operata sulla base di documenti inediti nel libro “CERNAIETO”, il partigiano sarebbe stato ucciso non dai militi della Rsi, ma da una pallottola di “fuoco amico” nella battaglia di “Cà Bedogni”.
(Ivaldo Casali, Fonte: “CERNAIETO,  La Strage, La Croce e il Femminicidio di Paolina”, di Fabio FILIPPI e Pierluigi GHIGGINI).

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