Con Strage di Rovetta si fa riferimento all’esecuzione sommaria, avvenuta nella notte tra il 27 e il 28 aprile 1945 a Rovetta, di quarantatré giovani militi fascisti appartenenti alla 1ª Divisione d’Assalto “M” “Tagliamento”, inquadrata nell’ambito della Guardia nazionale repubblicana della Repubblica sociale italiana.
La resa
Dalla fine del mese di ottobre del 1943, la 1ª Divisione d’Assalto “M” Tagliamento venne trasferita nel bresciano, in particolare in Val Camonica, con il compito di difesa delle linee di comunicazione della Wehrmacht e di presidio dei cantieri dell’Organizzazione Todt, oltre a essere impiegata in operazioni dirette a contrastare le formazioni partigiane. Data la contiguità territoriale, la sua presenza si allargò anche alla bergamasca.
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Il 26 aprile 1945 un gruppo di suoi militi di presidio presso la località Cantoniera della Presolana, comandati dal Sottotenente Roberto Panzanelli, venuti a conoscenza della resa delle forze tedesce e della RSI attraverso alcune comunicazioni radiofoniche, decisero di abbandonare il presidio per raggiungere Bergamo. Si incamminarono quindi armati lungo la valle, preceduti da una bandiera bianca portata da Alessandro Franceschetti, l’albergatore presso il quale i militi erano alloggiati al Passo della Presolana e, giunti a Rovetta, decisero di deporre le armi e di consegnarsi al locale Comitato di Liberazione Nazionale. Qui, il loro ufficiale prese accordi con i rappresentanti del CLN locale per ricevere tutte le garanzie quali prigionieri di guerra. In tale occasione il loro ufficiale, Sottotenente Panzanelli, fece sottoscrivere e sottoscrisse un documento a tutela dei prigionieri, a firma sua, del parroco Don Bravi membro del CLN locale, del Maggiore Pacifico ed altri.
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Questo comitato CLN si era autoproclamato tale, non aveva poteri effettivi e le sue garanzie non avevano alcun valore, cosa che il Panzanelli non sapeva. I militi, lasciate le armi, vennero trasferiti nei locali delle scuole elementari del paese in attesa di essere consegnati alle autorità del Regno del Sud o agli eserciti regolari degli Alleati.
La fucilazione
Il 28 aprile arrivò in paese un gruppo di partigiani composto da appartenenti alla 53ª brigata Garibaldi Tredici Martiri, alla Brigata Camozzi e alle Fiamme Verdi, che prelevarono i militi dalla scuola e li scortarono presso il cimitero del paese. Durante lo spostamento verso il cimitero uno dei prigionieri, Fernando Caciolo, riuscì a fuggire per poi nascondersi e trovare rifugio nella casa di don Bravi, dove trovò riparo per tre mesi prima di fare ritorno ad Anagni, suo paese d’origine. Il Panzanelli tentò di far valere lo scritto in suo possesso con le garanzie sottoscritte, ma il foglio con le firme gli fu strappato di mano e calpestato. Giunti presso il cimitero vennero organizzati due plotoni d’esecuzione e 43 dei prigionieri, di età compresa dai 15 ai 22 anni, vennero fucilati.
Tre di loro furono risparmiati per la loro giovane età. Uno dei militari, il ventenne Giuseppe Mancini, prima di essere ucciso, per ultimo, fu costretto ad assistere alla fucilazione di tutti i suoi camerati, in quanto i partigiani scoprirono essere figlio di Edvige Mussolini, sorella di Benito Mussolini.
Elenco delle vittime
ANDRISANO Fernando, anni 22
AVERSA Antonio, anni 19
BALSAMO Vincenzo, anni 17
BANCI Carlo, anni 15
BETTINESCHI Fiorino, anni 18
BULGARELLI Alfredo, anni 18
CARSANIGA Bartolomeo Valerio, anni 21
CAVAGNA Carlo, anni 19
CRISTINI Fernando, anni 21
DELL’ARMI Silvano, anni 16
DILZENI Bruno, anni 20
FERLAN Romano, anni 18
FONTANA Antonio, anni 20
FONTANA Vincenzo, anni 18
FORESTI Giuseppe, anni 18
FRAIA Bruno, anni 19
GALLOZZI Ferruccio, anni 19
GAROFALO Francesco, anni 19
GERRA Giovanni, anni 18
GIORGI Mario, anni 16
GRIPPAUDO Balilla, anni 20
LAGNA Franco, anni 17
MARINO Enrico, anni 20
MANCINI Giuseppe, anni 20
MARTINELLI Giovanni, anni 20
PANZANELLI Roberto, anni 22
PENNACCHIO Stefano, anni 18
PIELUCCI Mario, anni 17
PIOVATICCI Guido, anni 17
PIZZITUTTI Alfredo, anni 17
PORCARELLI Alvaro, anni 20
RAMPINI Vittorio, anni 19
RANDI Giuseppe, anni 18
RANDI Mario, anni 16
RASI Sergio, anni 17
SOLARI Ettore, anni 20
TAFFORELLI Bruno, anni 21
TERRANERA Italo, anni 19
UCCELLINI Pietro, anni 19
UMENA Luigi, anni 20
VILLA Carlo, anni 19
ZARELLI Aldo, anni 21
ZOLLI Franco, anni 16
Le responsabilità della strage
La responsabilità del massacro è attribuita a Paolo Poduje detto il Moicano, che, in qualità di agente del SOE (un corpo speciale segreto britannico), diede ordine di prelevare i militi dalla scuola di Rovetta e, una volta giunti nei pressi del cimitero, di procedere con la fucilazione. L’identità del Moicano è restata ignota per molti decenni. Dalle testimonianze raccolte e dagli atti del processo che seguì ai fatti, si evince che venne paracadutato nella zona del Pizzo Formico ai primi di aprile del 1945, con il grado di capitano Intelligence inglese ai comandi di Manfred Czernin, per prendere poi contatti con le formazioni partigiane della zona, in particolare con la Camozzi (Giustizia e Libertà). A conferma della tesi che imputa a Paolo Poduje la responsabilità dell’esecuzione sommaria che avvenne a Rovetta, agli inizi del XXI secolo Moicano ammise di aver ordinato la fucilazione dei militi della Repubblica Sociale.
Il vergognoso processo
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo aprì nel 1946 un procedimento penale, che si concluse nel 1951 con una sentenza che stabilì di non dover procedere contro gli imputati, definendo questa esecuzione sommaria non un crimine, ma un’azione di guerra poiché ufficialmente l’occupazione nel territorio bergamasco cessò il 1º maggio 1945.
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