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FRANCESCO MORANINO l'onorevole ergastolano assassino pluri-omicida.

 


Francesco Moranino è’ stato un partigiano comunista assassino, a capo delle formazioni garibaldine comuniste nel biellese nel periodo della cosiddetta “resistenza”, nonché un politico italiano.
Il PCI lo inviò a comandare il distaccamento “Pisacane” delle Brigate Garibaldi, dove assunse lo pseudonimo di “Gemisto”.
Comandò anche la 50° Brigata Garibaldi e la XIIa Divisione Pietro Pajetta, entrambe comuniste.
Il 26 novembre del 1944, a Portula, in val Sessera, nei boschi dell’alto biellese, l’esponente comunista e capo partigiano si macchiò di una strage efferata ed infame, organizzando una imboscata insieme ai suoi “garibaldini” e massacrando 7 persone.
Si trattò di due genovesi, agenti dei servizi segreti americani in missione, e tre partigiani vercellesi che li accompagnavano.
Gli esecutori materiali del brutale eccidio furono i partigiani comunisti assassini "Negher" e "Ilvo", che dopo aver sparato le raffiche di mitra contro le loro vittime, si affannarono a spogliarle di ogni cosa di valore, frugando i loro corpi senza vita.
"Negher", lo stereotipo del vigliacco partigiano comunista, si impossessò avido come uno sciacallo dell'orologio da polso e di quattrocentomila lire, vantandosene poi con i suoi compagni di brigata.
Dopo la mattanza ordinata e diretta da Moranino, i “valorosi partigiani comunisti” assassinarono brutalmente anche due delle mogli dei vercellesi.
I due partigiani chiamati "Volante" alias Santi Ermo e "Sguaita" alias Sguaitamatti Remo le prelevarono da casa loro con la scusa di accompagnarle da Moranino e le portarono invece in località Flecchia, una frazione di montagna del biellese, dove le trucidarono ferocemente, infierendo sui cadaveri.
Ogni partecipante all'eccidio fu premiato da Moranino in persona, che diede loro come compenso la somma di trecento lire ciascuno.
Dopo la guerra, nel 1947 Moranino a soli 26 anni di età fu eletto nelle file del Partito Comunista come Parlamentare e divenne sottosegretario al Ministero della guerra nel governo de Gasperi
Nel 1949 i giudici chiesero l’arresto di “Gemisto” che però scappò, salvo poi ritornare una volta rieletto in Parlamento nel 1953.
Nuovo mandato di cattura e nuova fuga dell’eroico partigiano comunista pluri- assassino.
Nel 1955 Moranino venne rinviato a giudizio per omicidio plurimo, e il Parlamento concesse l’autorizzazione a procedere per il procedimento penale a seguito del quale Moranino fu condannato all’ergastolo dalla Corte di Assise di Firenze per l’uccisione di cinque partigiani bianchi e di due delle loro mogli.
Nel processo d’Appello del 1957 venne confermata la condanna, ma il comunista stragista non fece nemmeno un giorno di galera poiché il PCI lo aiutò a scappare dall’Italia, facendolo rifugiare a Praga , roccaforte comunista.
L’organizzazione comunista “Soccorso rosso” (a cui appartenevano anche Dario Fo e Franca Rame) si occupò di non fargli mancare il sostegno economico e qualsiasi altro supporto materiale.
Nel 1958 il Presidente Gronchi commutò la sua pena dall’ergastolo a dieci anni di reclusione.
A Praga Moranino lavorò a “Radio Praga” una emittente che trasmetteva programmi di propaganda politica, dando la sua voce “in lingua italiana” ai tanti comunicati stalinisti mandati “in onda”.
Nel 1965 il successore di Gronchi, Giuseppe Saragat gli concesse la grazia, nonostante il parere negativo del procuratore generale di Firenze, chiamato ad esprimere un giudizio, e nonostante il fatto che Moranino, a quel momento, fosse latitante oltre la Cortina di ferro.
Lo scudo che la resistenza rossa (fradicia del sangue di vittime innocenti) opponeva alla verità dei fatti, coprì molti delinquenti assassini comunisti, nonostante palesassero così un concreto disprezzo verso le vittime della ferocia partigiana.
Al suo ritorno in Italia Moranino fu accolto a braccia aperte dai comunisti e arrogantemente candidato nelle file del PCI, poi eletto senatore, carica che mantenne fino all’anno della sua morte nel 1971.
Le sue vittime furono :
Gennaro Santucci, Mario Francesconi, Ezio Campasso, partigiani non comunisti.
Emanuele Strassera, Giovanni Scimone, agenti dell’Ufficio servizi Strategici americani.
Le due mogli dei partigiani, (Maria Santucci e Maria Francesconi) a cui dopo la morte fu svuotata anche la casa.
Testimoni raccontano che la loro radio fu usata la sera stessa nel locale del comando comunista partigiano per ballare, mentre le due proprietarie erano già sotto terra.
Le mogli delle vittime furono ammazzate senza esitazioni perché avrebbero potuto denunciare l’assassinio dei loro mariti, inoltre si cercò di far ricadere la responsabilità della loro morte sui fascisti e sui loro rastrellamenti.
Nella sentenza di condanna di Moranino si legge :
”… un comportamento ispirato ad una faziosità politica, ed ai metodi usati, rivelatori di un'assoluta mancanza di umanità che hanno raggiunto i limiti di uno spietato cinismo”.
Nel 1966, in un giorno di dicembre, a distanza di 22 anni dalla strage, si è tolta la vita con il gas la moglie di Emanuele Strassera, Teresa, di appena 51 anni di età, dilaniata da un dolore inestinguibile che la accompagnava da quel triste giorno del 1944.
Moranino è stato un onorevole ergastolano, assassino pluri-omicida, e rappresenta il simbolo dell’arroganza comunista e della sua ferocia nei confronti delle persone e della società civile.
Quello di Moranino, criminale comunista, è solo uno dei tantissimi episodi similari che rientrano in un piano di disinformazione studiato a tavolino dagli intellettuali delle sinistre per mistificare, nascondere, occultare le tante nefandezze compiute in nome dell’arroganza e della ferocia comunista.

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